Cosa succede se si rinuncia all’eredità

Eredità

EreditàSi può rinunciare all’eredità? E quali sono le modalità per farlo?

Rinunciare all’eredità vuol dire dichiarare di non voler accettare il patrimonio lasciato dal defunto con testamento o senza e deve essere frutto di una scelta libera da condizioni e da termini, gratuita e a favore di tutti gli altri chiamati all’eredità.

La rinuncia all’eredità è un atto con il quale l’erede dichiara di non volere acquistare l’eredità, magari perché i debiti del defunto sono superiori ai crediti e in questo modo egli fa cessare gli effetti verificatisi nei suoi confronti a seguito dell’apertura della successione e rimane completamente estraneo alla stessa, con conseguenza che nessun creditore potrà rivolgersi a lui per il pagamento dei debiti ereditari.

La rinuncia all’eredità va fatta con una dichiarazione ricevuta da un Notaio oppure ricevuta dal Cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione. La dichiarazione sarà poi inserita nel Registro delle successioni conservato nello stesso Tribunale.

La dichiarazione di rinuncia all’eredità non deve prevedere alcuna condizione,  non deve prevedere alcun termine e non deve prevedere alcuna limitazione. In caso contrario, la dichiarazione è nulla e non produce nessun effetto.

Se la rinuncia viene fatta dietro un corrispettivo o a favore di solo alcuni degli altri soggetti chiamati all’eredità, questo comporta l’effetto contrario, cioè l’accettazione dell’eredità.

Secondo l’art. 480 del codice civile, il diritto di accettare e quindi di rinunciare l’eredità si prescrive  in dieci anni dal giorno della morte del defunto. Nel caso di accertamento giudiziale dello stato di figlio il termine decennale inizia a decorrere dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Il termine di 10 anni può essere abbreviato e chiunque vi abbia interesse può chiedere al Tribunale del luogo ove si aperta la successione che sia fissato un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare/rinunciare l’eredità.

L’erede che fa la dichiarazione di rinuncia viene considerato come se non fosse mai stato chiamato e parliamo infatti di effetto retroattivo della rinuncia. Ci sono comunque due eccezioni, chi ha rinunciato all’eredità può:

  • trattenere la donazione ricevuta;
  • domandare il legato a lui fatto sino al valore massimo della porzione disponibile, in questo caso i giudici ritengono che il coniuge superstite del defunto, anche se rinuncia all’eredità, può trattenere il diritto di abitazione e di uso, trattandosi di un diritto previsto dall’art. 540 codice civile.

La rinuncia è revocabile se l’eredità non è nel frattempo già stata acquistata da qualcun altro dei soggetti chiamati, fatti  eccezione i diritti acquistati da soggetti terzi sopra i beni dell’eredità.

Decade dal diritto di rinunciare il chiamato all’eredità che ha sottratto o nascosto beni spettanti all’eredità stessa.

Ma vediamo, di seguito, che cosa accade all’eredità se il soggetto chiamato fa la dichiarazione di rinuncia e a chi spettano i beni oggetto dell’eredità.

Possono occorrere due situazioni:

  • nelle successioni legittime: se vi sono altri coeredi legittimi, la parte di colui che rinuncia viene suddivisa equamente fra questi coeredi, salvo il diritto di rappresentazione, che fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente anche nel caso in cui quest’ultimo non vuole accettare l’eredità; se invece non vi sono altri coeredi legittimi, l’eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso che egli mancasse;
  • nelle successioni testamentarie: se vi sono altri coeredi testamentari, la parte di colui che rinuncia viene suddivisa equamente fra questi coeredi, a meno che lo stesso defunto non abbia disposto una sostituzione; se invece non vi sono altri coeredi testamentari, l’eredità si devolve agli eredi legittimi.

La rinuncia all’eredità può essere impugnata sia da parte dei creditori (in base all’articolo524 del codice civile), sia da parte dello stesso soggetto che ha rinunciato (in base all’articolo526 del  codice civile).

In questo caso, i creditori del soggetto che ha rinunciato possono farsi autorizzare dal Tribunale ad accettare l’eredità in nome e luogo del loro debitore, per poter soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. Questo diritto dei creditori si prescrive in cinque anni, decorrenti dalla data della dichiarazione di rinuncia.

Oppure il soggetto che ha rinunciato a un’eredità può impugnare la propria rinuncia quando è l’effetto di violenza, ad esempio perché estorta con minaccia o di dolo, cioè con l’inganno, a prescindere da chi sia il colpevole. Questa impugnazione può essere fatta entro cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il raggiro.

Dal 20 settembre 2013, prima di avviare una causa relativa ad una successione ereditaria è necessario dar corso a un procedimento di mediazione innanzi a un organismo riconosciuto dal Ministero della Giustizia, con l’assistenza di un avvocato. Se la mediazione non viene esperita e la causa viene avviata ugualmente, entro la prima udienza il Giudice può rilevare la non procedibilità della causa giudiziale. La non procedibilità può essere fatta valere anche dalla controparte cioè dal cosiddetto convenuto, sia pure entro un preciso termine di decadenza.

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