Nuovo blocco per i contratti statali

Contratti statali

Contratti stataliNel documento economico e finanziario (Def), approvato l’8 aprile 2016, non vi è neppure una fioca luce che preavvisi un rinnovo dei contratti per i dipendenti pubblici che, pare, vedranno il blocco dei propri stipendi fino al lontano 2020. Il congelamento delle retribuzioni dei lavoratori pubblici si è avviato già da diversi anni, dal 2010 e da allora non sono mai state reperite le risorse per rinnovare i contratti del pubblico impiego.

L’ultimo contratto dei pubblici dipendenti è scaduto dal 2009, il rinnovo che ci sarebbe dovuto essere per il triennio 2010-2012 è stato cancellato da un decreto del 2010; il congelamento è stato poi al 2013-2014 fino ad arrivare al 2015 da quest’ultimo governo (governo Renzi) per la parte economica.

La sentenza della Corte Costituzionale del 24 giugno 2015 ha dichiarato l’illegittimità del regime del blocco dei contratti collettivi dei pubblici dipendenti; ma avendo efficacia con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, si è evitato che fossero corrisposti rimborsi per gli anni in cui le retribuzioni sono rimaste ferme.

La giustificazione dei governi al blocco degli stipendi è stata che il blocco sarebbe stato una misura transitoria ed eccezionale e che sarebbe terminata al più presto, una promessa che potrebbe tardare ad essere mantenuta o che forse non sarà mantenuta affatto in quanto si prospetta l’idea di sciogliere l’Aran, l’Agenzia deputata ai rinnovi contrattuali del comparto pubblico.

Il congelamento degli stipendi fino al 2020 non era in programma, in quanto si pensava che, con la Riforma della Pubblica Amministrazione, la riduzione dei comparti avrebbe comportato un risparmio di spesa da destinare ai rinnovi periodici delle condizioni contrattuali del personale.

Infatti, grazie alla riduzione dei comparti dai 22 attuali ai 4 previsti dalla Riforma, gli interventi di rinnovo sarebbero limitati a soli quattro contratti: Potere centrale, Locale, Scuola e Sanità a cadenza triennale. Ma con l’assenza di previsione nel Def tutto decade.

L’unico barlume di luce si intravede nel 2018, infatti,  per il triennio 2018-2020 è prevista l’introduzione di un’indennità di vacanza contrattuale, che porterà ad una stabile crescita dello 0,3% per tutto il periodo.

Il Def (Documento di Economia e Finanza) non è una Legge ma rappresenta un importante atto del Governo per l’attività economica e finanziaria dell’Italia. I dipendenti statali aspettavano con ansia la sua pubblicazione per vedere se fossero stati inseriti capitoli di spesa da destinare al rinnovo dei loro contratti. Il Documento in prima stesura e regolarmente approvato dal Consiglio dei Ministri non ha previsto alcun ritocco ai 300 milioni destinati agli statali dalla Legge di Stabilità 2016, anzi, nel testo si legge che il Governo chieda ancora sacrifici ai dipendenti pubblici, perché tra blocco del turnover e indennità di vacanza, il blocco dei contratti proseguirà fino al 2020. I sindacati, dal loro canto, minacciano nuove azioni e nuove manifestazioni.

Come abbiamo detto in precedenza, si sperava che nel Def  il Governo inserisse degli importi che dovevano implementare lo stanziamento da 300 milioni che è stato già previsto in Stabilità per sbloccare i contratti degli Statali. Lo sblocco non è opzionale, ma obbligatorio, in quanto sancito da una sentenza della Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale della Repubblica ha bocciato le disposizioni del Decreto Salva Italia che ha bloccato per oltre 6 anni il rinnovo e la perequazione per i lavoratori pubblici. Quindi, anche i 300 milioni non bastano a fronteggiare di tutti gli anni di blocco, di fatto, i lavoratori verrebbero risarciti con una decina di euro lorde al mese in più di salario considerando che gli stipendi, proprio in virtù di questo congelamento, hanno perso nel 2014 lo 0,7%.

Il Documento economico e finanziario è un documento di programmazione triennale e ha previsto un aumento di spesa per gli stipendi pubblici nel 2018, che sarà provocato dal pagamento dell’indennità di vacanza a tutti i dipendenti pubblici.

In altre parole,  l’indennità di vacanza consiste in un bonus pari al 30% del tasso di inflazione che sarà erogato a ciascun lavoratore nel triennio 2018 – 2020.

Il sospetto che fino al 2020 non ci sarà nessun rinnovo dei contratti ai dipendenti statali diviene certezza se nel Def  leggiamo anche il blocco del turnover, cioè il congelamento delle assunzioni di nuovi dipendenti in sostituzione dei fuoriusciti, quindi il sacrificio ulteriore per le Pubbliche Amministrazioni è al completo.

Mentre continuiamo a porre la nostra attenzione sul rinnovo dei contratti per i dipendenti statali, e le poche risorse disponibili per colmare un simile provvedimento, osservando un quadro a dir poco avvilente, è in arrivo una nuova batosta. Secondo la Fp Cgil Nazionale, non solo il Governo sta perdendo tempo nel prendere un provvedimento dovuto come quello degli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici, ma si prospetta un ulteriore possibile taglio del salario accessorio, di circa 1.350 euro, per circa 17.000 lavoratori pubblici, dipendenti di 47 Province e 8 città metropolitane.

Questo taglio è dovuto a delle sanzioni automatiche per gli sforamenti del patto di stabilità da parte proprio degli Enti locali. Lo sforamento del Patto di Stabilità potrebbe, infatti, portare al recupero delle risorse con provvedimenti a carico dei lavoratori stessi. Un altro problema da risolvere per i dipendenti pubblici che vivono in condizioni di disagio. I trecento milioni di euro stanziati dal Governo, potrebbero riguardare solo i dipendenti pubblici che percepiscono gli stipendi più bassi, anche se non è stata ancora definita la soglia per cui gli assegni saranno considerati bassi.

Gli aumenti saranno assegnati in base ad un sistema meritocratico e la metà di quanto stanziato, quindi centocinquanta milioni di euro, sarà assegnato ad un quarto dei dipendenti considerati più bravi, e l’altra metà assegnati al 50% dei dipendenti.  Esclusi, dunque, gli statali meno virtuosi e produttivi.

Nel settore della scuola è stata dichiarata guerra, per protestare contro il blocco dei contratti del personale scolastico, che  potrebbe durare ancora fino al 2020. Dal 2018 al 2020 è previsto un aumento di appena lo 0,3%, dovuto esclusivamente alla percentuale di indennità di vacanza del contratto, il che potrebbe portare ad un ulteriore blocco degli stipendi per la Pubblica Amministrazione.

La guerra è anche contro i minimi compensi che saranno dati ai commissari scelti per seguire il Concorso della Scuola, sono troppi pochi soldi che serviranno per raddoppiare quanto è stato fissato come compenso per i commissari, ma parliamo in totale di poco più di un euro.

Se riflettiamo bene la differenza tra lavoratori pubblici e privati va quasi a scomparire e non si ha più la certezza matematica che i lavoratori pubblici siano i più avvantaggiati.

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